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PETROLIO, IL TALLONE D’ACHILLE DELLA CINA

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Il Governo Cinese tenta di risolvere il problema energetico e dei cambiamenti climatici adottando strategie volte alla diminuzione dell’inquinamento ed oggi è il più grande produttore al mondo di energia solare. L’approvvigionamento di petrolio rappresenta una voce onerosa che ha una stretta influenza sul PIL. La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio alle spalle degli Stati Uniti e l’evoluzione degli acquisti futuri può fare una grande differenza sulla domanda e sui prezzi. Anche i quantitativi delle scorte d’emergenza di questo Paese potrebbero influenzare l’andamento del mercato.
In Cina gli impianti gli impianti solari hanno generato l’1% della produzione totale di energia del Paese, e l’11% risulta essere derivante da fonti non fossili. L’obiettivo è di toccare quota 20% al 2030. Per abbattere i livelli di inquinamento attuale sono previsti investimenti per 360 miliardi di dollari in progetti sul solare, eolico, idroelettrico e nucleare. Molto interessanti gli investimenti sull’eolico in offshore. L’approvvigionamento petrolifero in Cina è un problema di grande attualità. Le Isole artificiali costruite dalla Cina nel Mare Cinese Meridionale sono oggetto di contesa poiché il fondale marino si è rivelato ricco di giacimenti di petrolio, gas, risorse ittiche, e sono importanti per il controllo delle vie di comunicazione. Le riserve strategiche di petrolio, in Cina sfiorano i 234 mb (milioni di barili) equivalenti a 33 giorni di importazioni nette e sono cresciute nella seconda metà del 2015 del 22,5%. La Cina punta entro il 2020 di aumentare le scorte di altri 281mb e di arrivare ad un volume di scorte di 500 mb pari a 90 giorni di importazioni nette. Intanto il Segretario di Stato Usa Rex Tillerson, incaricato dal Presidente Donald Trump, ha dichiarato recentemente che alla Cina dovrebbe essere impedito l’accesso alle isole artificiali costruite nel Mare Cinese Meridionale poiché non è ancora chiaro se quelle isole si trovino in acque internazionali e non siano quindi assolutamente di proprietà cinese. Dichiarazioni come questa non sono di buon auspicio per una distesa relazione con il colosso cinese perché, un particolare da non sottovalutare è la Exxon (americana), la Rosneft e la Gazprom (russe), hanno un forte interesse sui giacimenti offshore di gas e di petrolio in quella zona. A stemperare i toni la telefonata del presidente americano Trump al presidente cinese Xi Jinping, definita lunga ed estremamente cordiale. Nelle scorse settimane le tensioni fra Cina e Stati Uniti avevano raggiunto livelli altissimi, ma durante questa telefonata i due leader si sono impegnati a discutere e negoziare varie questioni di reciproco interesse, e si sono scambiati reciprocamente “i migliori auguri al popolo dell’altro Paese”.

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